lunedì 4 luglio 2011
martedì 22 febbraio 2011
lunedì 7 febbraio 2011
sabato 8 gennaio 2011
venerdì 7 gennaio 2011
Lucio Barbuio
Lucio Barbuio,
graphic designer, nato nel 1981 a Latisana. Frequenta l’Istituto professionale a indirizzo tecnico elettronico ma sogna di fare il pubblicitario. Dopo le prime collaborazioni , la svolta arriva con il trasferimento a Milano dove segue il corso di comunicazione visiva del Bauer e conosce Susanna Vallebona dello studio Esseblu, che lo incita a proseguire il lavoro artistico. Ritorna in Friuli e lavora in ambito pubblicitario. Nel 2006 inventa il
marchio “Luciusenfabula!” che gli consente di esprimere la propria creatività nel design e nella lavorazione di materiali come plexiglass, polistirolo, carta e recentemente la ceramica. Si esprime improvvisando tratti, contorni, figure senza un’idea precostituita e il suo sguardo attento scopre racconti, corrispondenze e rimandi che la composizione grafica nasconde con il suo ritmo. Ama sperimentare tecniche e materiali i suoi segni infatti si propagano dove capita: sedie, cappelli, tavole da surf, pezzi di plexiglass. Barbuio si fa apprezzare esponendo in alcune mostre a livello locale in Italia e a Milano con la prima personale. Partecipa al concorso internazionale Webcolour 2004 dove arriva tra i finalisti. E’ uno dei 35 designer che hanno esposto all’ICFF di New York nel maggio 2008.
Nel 2009 decide di ampliare le sue conoscenze e lascia il lavoro per iscriversi alla facoltà di Disegno Industriale dell’università IUAV di Venezia. Qui inizia a coltivare la passione per la fotografia, prima hobby, ora atto di comunicazione. In ogni foto cerca di raccogliere particolari, di cogliere attimi che comunichino pensieri. Interessato da questo lato umano cerca di dar forza ai suoi ritratti e ricerca sensazioni fugaci.
marchio “Luciusenfabula!” che gli consente di esprimere la propria creatività nel design e nella lavorazione di materiali come plexiglass, polistirolo, carta e recentemente la ceramica. Si esprime improvvisando tratti, contorni, figure senza un’idea precostituita e il suo sguardo attento scopre racconti, corrispondenze e rimandi che la composizione grafica nasconde con il suo ritmo. Ama sperimentare tecniche e materiali i suoi segni infatti si propagano dove capita: sedie, cappelli, tavole da surf, pezzi di plexiglass. Barbuio si fa apprezzare esponendo in alcune mostre a livello locale in Italia e a Milano con la prima personale. Partecipa al concorso internazionale Webcolour 2004 dove arriva tra i finalisti. E’ uno dei 35 designer che hanno esposto all’ICFF di New York nel maggio 2008.
Nel 2009 decide di ampliare le sue conoscenze e lascia il lavoro per iscriversi alla facoltà di Disegno Industriale dell’università IUAV di Venezia. Qui inizia a coltivare la passione per la fotografia, prima hobby, ora atto di comunicazione. In ogni foto cerca di raccogliere particolari, di cogliere attimi che comunichino pensieri. Interessato da questo lato umano cerca di dar forza ai suoi ritratti e ricerca sensazioni fugaci.
mercoledì 5 gennaio 2011
domenica 2 gennaio 2011
Fausto Delle Chiaie
L'ARTE? RUBBISH !
(Achille Bonito Oliva - ed. Electa)
(Achille Bonito Oliva - ed. Electa)
....Delle Chiaie agisce con un atteggiamento fenomenologico, per cui il mondo è il mondo della vita e l'arte è arte totale.
Per Delle Chiaie ogni spazio è diventato il luogo possibile dell'evento artistico, come d'altronde è avvenuto per molti protagonisti del situazionismo, Fluxus e Gutai.
All'aperto o al chiuso Delle Chiaie ha agito mediante l'impiego di materiali e linguaggi, provenienti da diverse aree, associando mezzi e strumenti, tra loro i più disparati.
Tale atteggiamento interdisciplinare ed il suo esercizio in spazi alternativi ci permettono di collocare l'artista romano in una ideale tribù dell'arte che ha anticipato ricerche sviluppatesi in molti decenni, dall'arte concettuale al comportamento.
Naturalmente il gruppo Fluxus non è l'unico antecedente linguistico, perchè significherebbe riportare Delle Chiaie in un ambito circoscritto ed estetico, dal quale egli ha cercato di uscire, attraverso il collegamento di artisti affini tra loro non per poetica ma per posizione verso la vita.
Delle Chiaie ha operato principalmente per dissotterrare l'energia del mondo, fisica e mentale. Per questo egli è un solitario creatore che ci consente soltanto di collocarlo in una famiglia di artisti che non sono parenti tra loro, in quanto la sua opera è una continua messa in situazione.
Una visione del tempo, filtrato e rallentato dall'assunzione dell'ottica dello Zen, permette a qualsiasi oggetto e a qualsiasi gesto di varcare la soglia dell'arte.
Con Delle Chiaie l'oggetto è assunto nella sua a-funzionalità, nel suo apparire fenomenico, il gesto viene compiuto anche se viene prodotto per distruggere l'oggetto. La distruzione dell'oggetto è contraria all'idea tradizionale dell'arte che tende a renderlo funzionale attraverso la sua conservazione e il suo uso, il suono. Ma il suono può significare anche il rumore prodotto dai colpi ripetuti dell'artista che lacera l'oggetto o appallottola intorno a un microfono un foglio di carta.
Il suono non sono solo codici della musica, ma anche il rumore della vita che così diventa musica. La distanza tra l'arte e la vita è sottilissima, dipende soltanto dalla coscienza linguistica dell'artista che compie il gesto.
Forse Delle Chiaie tende, attraverso l'arte, all'architettura sociale, intesa come processo di dinamica permanente che entra in ogni circostanza della vita e dell'organizzazione sociale.
.......L'arte per Delle Chiaie è un modo di conoscenza ed una costante presa di coscienza dei livelli plurimi della vita, una sorta di rivoluzione permanente, che non s'attesta mai sulle proprie posizioni e sulle proprie conquiste. Ma anzi utilizza il proprio agire, non per circoscrivere la presenza e l'intervento , ma per espanderli e dilatarli non nell'acquisizione formale di norme e nuovi linguaggi, bensì per produrre un'arte che è reale soltanto quando produce modelli di comportamento alternativi rispetto al sistema.
Tale modello, proposto come contagio sociale, è sicuramente un uso della libertà, una libertà liberata. Per questo Delle Chiaie ha scelto come teatro espositivo l'en plain air dell'Ara Pacis.
L'arte non è un fine ma un mezzo che massaggia il muscolo atrofizzato della comunità, buca la sensibilità pellicolare del corpo sociale e l'immaginario collettivo, anche per strada. L'arte è rubbish, robaccia utile all'inciampo di un'umanità disastrata dalla telematica.
Fausto Delle Chiaie è un inviato speciale nella realtà che corre in soccorso della vita. Anche la nostra.
Per Delle Chiaie ogni spazio è diventato il luogo possibile dell'evento artistico, come d'altronde è avvenuto per molti protagonisti del situazionismo, Fluxus e Gutai.
All'aperto o al chiuso Delle Chiaie ha agito mediante l'impiego di materiali e linguaggi, provenienti da diverse aree, associando mezzi e strumenti, tra loro i più disparati.
Tale atteggiamento interdisciplinare ed il suo esercizio in spazi alternativi ci permettono di collocare l'artista romano in una ideale tribù dell'arte che ha anticipato ricerche sviluppatesi in molti decenni, dall'arte concettuale al comportamento.
Naturalmente il gruppo Fluxus non è l'unico antecedente linguistico, perchè significherebbe riportare Delle Chiaie in un ambito circoscritto ed estetico, dal quale egli ha cercato di uscire, attraverso il collegamento di artisti affini tra loro non per poetica ma per posizione verso la vita.
Delle Chiaie ha operato principalmente per dissotterrare l'energia del mondo, fisica e mentale. Per questo egli è un solitario creatore che ci consente soltanto di collocarlo in una famiglia di artisti che non sono parenti tra loro, in quanto la sua opera è una continua messa in situazione.
Una visione del tempo, filtrato e rallentato dall'assunzione dell'ottica dello Zen, permette a qualsiasi oggetto e a qualsiasi gesto di varcare la soglia dell'arte.
Con Delle Chiaie l'oggetto è assunto nella sua a-funzionalità, nel suo apparire fenomenico, il gesto viene compiuto anche se viene prodotto per distruggere l'oggetto. La distruzione dell'oggetto è contraria all'idea tradizionale dell'arte che tende a renderlo funzionale attraverso la sua conservazione e il suo uso, il suono. Ma il suono può significare anche il rumore prodotto dai colpi ripetuti dell'artista che lacera l'oggetto o appallottola intorno a un microfono un foglio di carta.
Il suono non sono solo codici della musica, ma anche il rumore della vita che così diventa musica. La distanza tra l'arte e la vita è sottilissima, dipende soltanto dalla coscienza linguistica dell'artista che compie il gesto.
Forse Delle Chiaie tende, attraverso l'arte, all'architettura sociale, intesa come processo di dinamica permanente che entra in ogni circostanza della vita e dell'organizzazione sociale.
.......L'arte per Delle Chiaie è un modo di conoscenza ed una costante presa di coscienza dei livelli plurimi della vita, una sorta di rivoluzione permanente, che non s'attesta mai sulle proprie posizioni e sulle proprie conquiste. Ma anzi utilizza il proprio agire, non per circoscrivere la presenza e l'intervento , ma per espanderli e dilatarli non nell'acquisizione formale di norme e nuovi linguaggi, bensì per produrre un'arte che è reale soltanto quando produce modelli di comportamento alternativi rispetto al sistema.
Tale modello, proposto come contagio sociale, è sicuramente un uso della libertà, una libertà liberata. Per questo Delle Chiaie ha scelto come teatro espositivo l'en plain air dell'Ara Pacis.
L'arte non è un fine ma un mezzo che massaggia il muscolo atrofizzato della comunità, buca la sensibilità pellicolare del corpo sociale e l'immaginario collettivo, anche per strada. L'arte è rubbish, robaccia utile all'inciampo di un'umanità disastrata dalla telematica.
Fausto Delle Chiaie è un inviato speciale nella realtà che corre in soccorso della vita. Anche la nostra.
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