Uomo dalla
raffinata cultura e realmente il fondatore dell’ideologia del gruppo di “Piazza del Popolo”. Esponente di
riguardo della Pop Art italiana,
basti pensare che, negli anni ‘60, le sue opere venivano esposte accanto a
quelle diNewman, Rothko e
Willem de Kooning, è stato uno dei primi della sua generazione a
rovesciare il metodo americano: mentre gli americani raffigurano oggetti di
consumo veri e propri ( barattoli di zuppa, bandiera americana, etc.) come
simboli artistici da cui trarre l'ispirazione, gli italiani, viceversa,
“consumano” l'arte stessa trovando nelle radici culturali della nostra storia
i motivi della loro figurazione.
Nel 1957 consegue
il diploma in fotografia artistica all’Istituto d’arte di Roma, e partecipa
alla rassegna di gruppo introdotta da Pierre Restany con Angeli,
Lo Savio, Schifano, Uncini, alla galleriaLa Salita, e soltanto nel
’61 terrà la sua prima esposizione personale.
Fondamentale
per la sua carriera è la partecipazione insieme a Schifano, Baj e Rotella alla
mostra intitolata “The New Realism” a New York su invito di Sidney Janis.
Nel 1964
arriva la prima Biennale di Venezia, dove viene esposta (per la prima volta)
una delle sue “Persiane”, di chiara ispirazione Metafisica e New
Dada. La scelta del soggetto si intreccia profondamente con la vicenda
personale dell’artista: l’anno precedente infatti, Francesco Lo Savio, fratello maggiore di Tano Festa, aveva cercato
la morte in un albergo a Marsiglia. La sua morte, sentita come tragica ed
eroica, cambia radicalmente l’arte di Tano Festa che, influenzata da un modo
malinconico, quasi crepuscolare, di vedere gli oggetti intorno a sé,
sottolinea la valenza metafisica degli oggetti che segnano il confine della
nostra mortalità: non a caso Festa ricostruisce in legno soprattutto
“soglie”.
Negli stessi
primi anni '60 si sofferma sui maestri della tradizione italiana e del
Rinascimento, in particolare il Michelangelo della
Sistina e delle Cappelle medicee; interviene col colore su fotografie o
ridipinge a smalto immagini proiettate sulle tele, interpretandole come icone
pubblicitarie. Esse rivivono, sovente iterate, in una nuova spaesante
dimensione di clima vagamente surreale, ma con immediata suggestione di
lettura. A New York inizia il lavoro sui “Cieli” ciclo condotto a termine in Italia e presentato a
Milano nella mostra Il Planetario nel 1966. Nel 1967 Festa espone ad Arte in
Italia 1960-77' a Torino. Inserisce nuovamente icone famose prelevate dalla
storia dell'arte in riquadri geometrici o maschere di colore piatto, senza
alcuna componente ironica, pensiamo alle raffigurazioni in chiave moderna dei
suoi “Michelangelo”.
Dopo un
difficile periodo di scarsa creatività e di deludente riconoscimento da parte
della critica, è invitato alla Biennale di Venezia del 1980, 1984. Degli anni
'80 la serie “Coriandoli”, ciclo
in cui il gesto si trasforma in pura poesia, in cui la libertà fantasticata e
sempre teorizzata raggiunge una purezza sublime.
Espone lungo
il decennio a varie rassegne sulla Pop
art mentre nel 1988 viene organizzata una retrospettiva
romana. Dopo la sua morte, è tra i prescelti
da M.Calvesi per la
rassegna romana Novecento alle Scuderie Papali al Quirinale e Mercati
Traianei
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giovedì 8 marzo 2012
Tano Festa (collezione privata della curatrice)
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